Monte Bianco - Cresta integrale di Peuterey



Mi ci e’ voluto parecchio tempo per “visualizzare” questa salita. Mi viene difficile salire una via complicata se prima non riesco ad averne un’immagine precisa, e per questa in particolare ci sono voluti alcuni anni. Avevo gia’ fatto un tentativo, impedito dal maltempo e dalle condizioni sfavorevoli della montagna, ma finalmente il momento giusto e’ arrivato. Quest’estate l’angoscia che da sempre aveva accompagnato la mia idea di realizzare questa salita si era trasformata in trepidante atttesa. Me lo sentivo: questa sarebbe stata la volta buona! Partiamo presto da Milano; vogliamo goderci la salita con calma e bivaccare nei pressi della punta Ottoz. Lo zaino e’ notevole e non ci consente una buona andatura, ma procediamo “lenti e inesorabili”. Ci immaginiamo di trovare una notevole ressa sulla cresta, date le previsioni e l’assenza di neve…Ecco: l’assenza di neve… La salita si svolgera’ all’insegna della disidratazione e della ricerca di qualcosa da sciogliere. Incontriamo due ragazze tedesche, Caroline e Myriam che, partite dal Borelli all’alba e smarrite sulla Welzenbach, condivideranno con noi tutta questa grand course. La prima sera ci concediamo una cena regale, cucinata usando i ben 1.5 litri d’acqua che ci rimangono in due. Per fortuna alla mattina siamo in breve in vetta alla Noire, dove troviamo della neve (l’ultima prima della breche sud e centrale delle Dames Anglaises). Due incastri di doppie fanno sfumare il nostro progetto di bivaccare al col de Peuterey. Anche la traversata alta delle Dames Anglaises non e’ da sottovalutare: il terreno sfasciumoso instabile alla base delle guglie richiede attenzione, e l’assenza di materiale in loco impone di affidarsi all’intuizione. La discesa dall’Isolee ci richiede di attrezzare una doppia d’emergenza (con 60 metri non si arriva giu’, e di sosta ce n’e’ solo una poco sotto la cima). Raggiungiamo il Craveri che si e’ appena fatto scuro, stanchi e con in tutto quasi un litro d’acqua. Il bivacco e’ pieno di scarpette abbandonate e spazzatura. Un vero peccato che una simile reliquia sia trattata cosi’ male. Alla mattina riusciamo a trovare della neve dopo il camino di III (i gradi del Bianco sono sempre ottimi per svegliarsi) e riusciamo a consumare quasi tre litri di brodo. Da qui la salita diventa molto piu’ facile, e proseguiamo spediti verso le tre cime della Blanche. Un po’ di attesa al col di Peuterey per permettere al sole di smettere di scaldare il GPA da cui cadono un numeroso quantitativo di sassi, e partiamo per l’ultimo tratto. Edo parte per la roccia, lasciando a me la parte che meno lo ispira, la cresta nevosa. Procediamo bene, ma in alto, un po’ per il ghiaccio affiorante (con una sola picozza classica a testa), un po’ per la disidratazione, siamo costretti a rallentare. Poco sotto la cornice del Bianco di Courmayeur vedo dei bagliori di luce provenire dal tetto d’Europa. E’ una guida spagnola, che vedendo delle frontali sulla Peuterey ha deciso di aspettarci perche’, “vista l’ora e da dove siamo arrivati, di sicuro abbiamo fatto l’integrale”. Ci offre il suo ultimo mars e la poca acqua che gli e’ rimasta, e poi scende con il suo cliente verso il Gouter. Ne approfittiamo per un ultimo tea, e per goderci questo momento irripetibile prima di iniziare l’infinita e immancabile discesa a valle con tappa all’orrida Vallot. Se volete chiedermi informazioni e dettagli sulla salita, contattatemi liberamente.